venerdì 3 gennaio 2014

L'enigma delle statue neolitiche di Ain Ghazal


QUESTE ENIGMATICHE STATUE RAPPRESENTANO FORSE ANTICHE ETNIE ESTINTE E SCONOSCIUTE, DALLA CULTURA SUPERIORE, CHE IL POPOLO DI AIN GHAZAL VENERAVA SOTTO FORMA DI CULTO DEGLI ANTENATI? 

Le enigmatiche statue dell'insediamento neolitico di Ain Ghazal, in Giordania, risalenti a 9000 anni fa.

Ain Ghazal è un insediamento neolitico risalente a 9000 anni fa, in Giordania, nei pressi di Amman. Fu abitato fino al 5000 a.C. e nel suo periodo più antico raggiunse fino a 3000 abitanti, circa 4 volte più della coeva Gerico, considerata (a torto, viste le recenti scoperte archeologiche) la più antica città strutturata del mondo. Il sito fu scoperto nel 1974, durante la costruzione di una strada e gli scavi continuarono fino al 1998, ultimamente condotti dal professor Gary Rollefson, della Harvard University. Dopo il 6000 a.C. la popolazione iniziò a diminuire e ancora non sono chiare le cause di questo fatto. L'insediamento era costituito da piccole case di forma quadrangolare, con due stanze di cui una costituiva l'anticamera, affacciate sulla valle sottostante da un terrazzamento naturale. I muri erano fatti di mattoni di fango rinforzati da uno strato di calce che periodicamente doveva essere rinnovato. Veniva praticata l'agricoltura, con la coltivazione di cereali, legumi, piselli, orzo, lenticchie, ceci e fagioli, integrata all'allevamento di capre e alla caccia a gazzelle, daini, cinghiali, ecc...Insomma, da questo si deduce che la dieta di questa popolazione doveva essere ricca e forse la sua scomparsa fu dovuta ad un cambiamento climatico o all'inaridimento dell'ambiente.
Durante il periodo neolitico C Pre-Pottery (6000-5500 aC), la comunità di Ain Ghazal visse forti tensioni, in parte a causa del sovraffollamento ed eccessivo sfruttamento della terra. Metà della popolazione fu costretta al nomadismo ed a risiedere ad Ain Ghazal solo per una parte dell'anno. Queste condizioni sociali si riflettono negli edifici di questo periodo, in particolare gli edifici di stoccaggio (mostrati qui), che probabilmente ospitavano effetti personali dei migranti. I locali di deposito, ciascuno da 12 a 15 metri quadrati, erano affiancati da un corridoio centrale. Molto simile a un seminterrato inglese, questi "edifici corridoio" sono stati in parte sotterranei.

ricostruzione dell'aspetto delle case di Ain Ghazal, che si affacciavano su un altipiano naturale, dal quale si scorgevano le piantagioni sottostanti.

Le strutture murarie delle case dell'insediamento neolitico di Ain Ghazal (9000 anni fa).

LE STATUE DEGLI ANTENATI

Non possiamo non lasciarci suggestionare dagli occhi e dagli strani lineamenti delle statue di gesso neolitiche dal sito preistorico di Ghazal, vicino ad Amman, in Giordania, risalenti al 7000 a.C. Il sito è stato abitato per oltre 2000 anni e nel primo periodo era costituito da case di pietra dove abitavano famiglie mononucleari; fonti di sostentamento erano la pastorizia integrata alla caccia e la coltivazione di legumi e cereali. La vita cominciava in questo periodo ad avere caratteristiche più stanziali rispetto all'epoca paleolitica e così le abitazioni iniziarono ad essere più elaborate, con un abside dedicato al culto degli antenati (culto comune a tutte le popolazioni del mondo), solo che in questo caso la nebbia del mistero avvolge le caratteristiche fisiognomiche delle 32 statue trovate sepolte deliberatamente in due fosse adibite forse a custodirle o ad occultarle; le statue sono alte poco più di un metro, alcune bicefale nell'intento forse di rappresentare la dualità dell'esistenza o l'unione degli opposti intesa come creazione. Le sculture sono modellate in gesso bianco e gli occhi dalla straordinaria e viva espressione furono ottenuti incastonandovi conchiglie di Cyprea e bitume per quel che riguarda le pupille. Gli studiosi sono molto imbarazzati dal loro aspetto, che riproduce certamente i tratti di qualche misteriosa etnia scomparsa da tempo immemorabile e sopravvissuta nel ricordo di queste popolazioni neolitiche, visto che queste statue rappresentano "gli antenati" e gli antenati erano tradizionalmente venerati presso tutte le culture antiche del mondo. I loro occhi sono affusolati, il naso ha una forma piccola e innaturale, la bocca è appena accennata, il collo è lungo, viste di profilo le teste sono schiacciate posteriormente e compensano l'ampiezza allungandosi verso l'alto, l'espressione enigmatica è benevola e rassicurante.

Profilo di una delle statue di Ain Ghazal: si notano le strane caratteristiche fisiognomiche che se non sono da attribuire al caso, corrispondono piuttosto al tentativo di imitare antiche popolazioni, venerate come "gli antenati"?

Questa è certamente la più vivace e suggestiva fra le statue di Ain Ghazal, il suo sguardo sembra farci dimenticare il tempo trascorso dalla sua realizzazione.

La precedente statua di Ain Ghazal nella sua interezza: alta poco più di un metro, in gesso.

LE MASCHERE FUNERARIE SUI TESCHI DEI DEFUNTI

Queste raffigurate qui di seguito sono le maschere di gesso modellate sui teschi dei defunti nell'insediamentico di Ain Ghazal, in Giordania, 7000 a.C., dove negli anni '80 del secolo scorso furono ritrovate le 32 statue, sempre di gesso, dedicate probabilmente al culto degli antenati. Il loro anomalo aspetto è dovuto al fatto che la mascella inferiore veniva stranamente rimossa al fine di ottenere queste sembianze indecifrabili. I defunti venivano seppelliti nella terra finchè dei loro corpi rimanevano soltanto le ossa, successivamente venivano riesumati e seppelliti di nuovo sotto il pavimento di casa o in un cortile adiacente, comunque vicino all'abitazione. Il cranio veniva seppellito separatamente dal resto dello scheletro e le maschere di gesso assieme ai teschi erano anch'esse di nuovo sepolte. La medesima usanza di separare i teschi dal corpo si ritrova nel sito neolitico di Catal Hoyuk in Anatolia, risalente allo stesso periodo ed anche alla vicina Gerico, Tell Ramad, Beisamoun, Nahal Hemar, con rispettive usanze di ricoprire il cranio con ocra rossa, conchiglie nelle cavità oculari, maschere di terracotta, ecc...

Le maschere funerarie di Ain Ghazal (9000 anni fa) modellate in gesso sui teschi dei defunti dopo aver rimosso la mascella inferiore. Questo fatto dona loro un aspetto "alieno" su cui molti si sono fatti delle ingiustificate fantasie.

La maschera mostrata qui, simile a quelle ritrovate nel vicino sito di Ain Ghazal (9000 anni fa), con occhi incastonati di conchiglie, è stata scoperta da John Garstung nei suoi scavi a Gerico negli anni 1930-1936. Dopo essere stato rimosso dal suo scheletro, il cranio fu coperto con una maschera di gesso, che fu poi dipinta con i tratti del viso con bitume e altri pigmenti. Questi teschi-ritratto furono probabilmente mostrati in casa o in un santuario in modo che i membri della famiglia potessero consultarli a piacere, interrogando lo spirito del defunto.

Altre sculture scoperte ad Ain Ghazal.

Alessia Birri, 3 gennaio 2014

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